Italia ed Europa si preparino allo tsunami del Made In China

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La Cina continua a spingere su piu’ fronti per conquistare il mercato mondiale del manifatturiero, facendo leva su valori occidentali quali il libero mercato e lo sviluppo della finanza internazionale. I politici dell’Occidente, adulati dal fatto che la Cina accetti finalmente il nostro modo di pensare, ci cascano, dimentichi della leggenda del cavallo di Troia.

In questi giorni, in un workshop tenuto presso la Nottingham University a Ningbo, uno dei porti piu’ importanti del mondo da cui partono i vari container per l’Asia, Medio Oriente ed Europa, si e’ parlato de La Nuova Via Della Seta, iniziativa promossa dal presidente Xi Jinping per promuovere il commercio e gli investimenti tra Cina e paesi dell’Asia Centrale. Pare una situazione win-win per tutti, ma le cose non sono come appaiono: la Nuova Via della Seta, inquadrata in un contesto piu’ complesso e’, per noi europei, preoccupante.

La Cina sta costruendo una strategia di espansione commerciale che si fonda su quattro pilastri: il progetto China Manufacturing 2025 (CM-2025); la Banca Asiatica per gli Investimenti in Infrastrutture (AIIB); la Nuova Via della Seta o One Belt One Road (OBOR); l’internazionalizzazione del RMB. Come in una piramide, ogni pilastro si appoggia sul precedente in una sequenza che, partendo dalla base piu’ solida, si spinge verso progetti sempre piu’ ambiziosi. Alla base, il China Manufacturing: la Cina conta di divenire il piu’ grande produttore nel manifatturiero di altissima qualita’ destinato all’export. Il secondo tassello, la banca, fornisce fondi per gli investimenti in infrastrutture, ferrovie, autostrade, porti che faciliteranno il trasporto dei prodotti. La Nuova Via della Seta rappresenta il cappello teorico e suggestivo di antichi splendori che creano l’inganno secondo il quale gli Europei avranno tanto da guadagnarci, come un tempo. Infine, in cima alla piramide, l’internazionalizzazione del RMB da’ la benedizione della finanza internazionale all’uso della moneta cinese come valuta di scambio principale.

I quattro pilastri sono elencati in ordine di importanza, con il CM-2025 alla base di tutto e l’internazionalizzazione del RMB l’obiettivo di minor sostanza. Il CM-2025 e’ una decisione interna che ha gia’ effetti ed e’ inarrestabile: dopo una crollo del tasso di crescita del settore industriale, passato dal 20% del 2008 a quasi lo 0% del 2015, il settore ha ripreso nel 2016 a crescere del 6% e nel 2017 sembra che acceleri ancora di piu’. Il China Manufacturing 2025 non e’ piu’ un obiettivo, ma una realta’. Sulle altre tre iniziative, invece possiamo far sentire la nostra voce. Ma, paradossalmente, piu’ ci allontana dalla base, piu’ l’occidente ha piu’ voce in capitolo, ma su temi meno importanti: l’occidente puo’ infatti arginare l’avanzare del RMB, ma alla Cina non fara’ troppo male. Nel mezzo, ci giochiamo il futuro dell’Italia industriale.

Competere contro il colosso del CM-2025 e’ arduo: la Cina riesce a mobilizzare capitali, forza lavoro, risorse e know-how tecnologico in maniera molto piu’ veloce ed efficace di noi. Il dibattito va spostato su ‘liberismo contro protezionismo’ nel commercio estero. Tema molto caldo e carico di contenuti ideologici. E la Cina lo ha ben capito che da noi e’ tabu’. Per questo il presidente Xi va a Davos come paladino del liberismo economico e i nostri teorici liberali non possono contraddirlo. Chi spieghera’ questa scelta ai nostri lavoratori quando questi perderanno il proprio impiego a causa della Nuova via Della Seta?

 

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