Trump-Xi: win-win or lose-lose?

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Nei giorni scorsi, ho sottolineato come, la visita di Trump in Cina, sia stata un win-win per entrambi i paesi ed ho manifestato la mia preoccupazione per il ruolo sempre più marginale dell’Europa. Durante il week-end, invece, l’autorevole Bloomberg ha pubblicato un articolo dove l’autore, al contrario di me, sosteneva che la visita di Trump in Cina sia stata una lose-lose, cioè di perdita per entrambi. Sempre utile e benvenuto il confronto e le idee diverse. Vediamo quindi, quali sono le argomentazioni di Bloomberg e le mie contro risposte.

L’argomento cardine è il seguente: “Trump e Xi si sono focalizzati nel fare dichiarazioni che hanno catturato l’attenzione dei media, ma non hanno discusso della sostanza di temi più importanti, come condizioni di reciprocità e maggiore protezione di proprietà intellettuale”.

A supporto di tale affermazioni, si citano gli accordi per 250 miliardi di dollari, molti dei quali, sostiene Bloomberg, non si materializzeranno mai. È vero, anch’io credo, anzi l’ho anche detto, che molti di questi accordi sono fittizi e magari già frutto di negoziati precedenti. Ma, anche se solo di una parte dei 250bn verrà mantenuta, sarà già un grosso passo avanti. Non mi sembra un bel motivo per sostenere che per entrambi i partner ci sia una situazione di lose-lose.

Infatti, Bloomberg, passa un po’ più allo specifico e critica Trump per due peccati fondamentali:

  1. non aver messo alle strette Xi, affinché in Cina ci sia più controllo delle proprietà intellettuali, in particolare, per le esportazioni di prodotti tecnologici;
  2. non aver imposto condizioni di reciprocità nell’accesso ai reciproci mercati.

Bloomberg sostiene che non aver perorato queste cause sia stato, in realtà, un danno per le aziende americane. Dal punto di vista della Cina, Bloomberg sostiene che, in maniera simmetrica, progressi in queste tre aree avrebbero portato più benefici alla Cina: una maggiore apertura dei mercati avrebbe aumentato la competitività delle aziende cinesi e spinto in consumo. Una stretta sulla protezione della proprietà intellettuale avrebbe beneficiato gli stessi imprenditori cinesi che sarebbero stati più spinti ad innovare, ad investire, ed allo stesso tempo anche le aziende americane si sarebbero sentire più protette nell’esportare le proprie tecnologie in Cina.

Quindi, la mancanza di progressi su queste linee è stato, secondo Bloomberg, anche una perdita per la Cina.

La mia risposta a queste critiche è molto semplice.

Reciprocità: la Cina non darà mai condizioni di reciprocità ai paesi occidentali perché ritiene che un paese in via di sviluppo, come in effetti è, non possa aprirsi così come si aprono i paesi sviluppati, ma deve farlo gradualmente. Nel mio articolo precedentemente scritto per il ChinaDaily, sostengo proprio come per la Cina, il termine di paragone per giudicare il proprio successo non siano gli altri paesi occidentali, ma piuttosto la stessa Cina di alcuni decenni fa. La Cina dice: “il nostro Pil pro capite è di 10,000 dollari: quando il vostro Pil procapite era di 10,000 professavate il libero commercio e la globalizzazione?”

Più concorrenza per migliorare l’efficienza delle industrie cinesi stesse: la Cina è una economia pianificata. Non sono le regole del mercato ma un piano del governo, molto dettagliato e ben pensato, che crea sviluppo economico. La Cina sa già come rendere le proprie aziende più efficienti, ha infatti messo in moto un processo di riforme sul lato dell’offerta, supply-side reforms, che mira a ridurre la sovracapacità e a trasferire i lavoratori da questi settori di industria pesante a quelli del Manifatturiero 2025 – lo Tsunami – e dei servizi. Ciò sta già avvenendo, e a grandi passi, in modo pianificato dall’alto, senza la necessità di istituire regimi competitivi, tanto meno con industrie straniere. La produzione dell’acciaio è già scesa da 1,200 tonnellate a 1,100.

Protezione di proprietà intellettuale: quì sarò brevissimo. La Cina adotterà misure per la protezione di proprietà intellettuale solo quando saranno le aziende cinesi stesse oggetto di spionaggi industriali, o quando vedranno i propri prodotti, brevetti ed altro, copiati dall’occidente.

1 COMMENT

  1. A mio avviso il bilancio dell’incontro Trump-Xi e più in generale del tour del presidente USA in Asia è decisamente positivo. Pretendere accordi complessi e delicati in esito a un incontro istituzionale ed inevitabilmente condizionato dai riflettori è da ingenui, o peggio da commentatori ipercritici e probabilmente in mala fede.
    Il meeting, da molti giustamente auspicato e puntualmente verificatosi con tutto lo sforzo diplomatico ed organizzativo che l’ha preceduto, riveste invece una grande valenza politica e per certi versi una portata storica.
    Innanzitutto ha ristabilito alcuni equilibri che rischiavano di incrinarsi a seguito dell’estenuante campagna presidenziale, con esternazioni accentuate dalla contesa per la Casa Bianca, nonchè a causa dei primi provvedimenti governativi, anch’essi intrisi di America First e di una certa inesperienza. Inoltre, la serie di incontri ha allentato le pericolose tensioni della regione. Risultati non da poco.
    Le immagini dell’incontro solenne e sorridente tra i leader e le rispettive consorti sanciscono la nuova polarità globale. Come lucidamente osservato dal Prof. Geraci, in questo assestamento, al netto di una equidistante Russia che porta avanti la propria strategia di consolidamento economico insieme a inedite alleanze specie nel Medio Oriente, quella che purtroppo perde terreno è l’Europa, che appare sempre meno Unione e sempre più indebolita tra invecchiamento demografico e industriale e sterile burocrazia.
    La verità è che dai sistemi Paese quali Usa e Cina avremmo molto da imparare. Senza rinnegare i propri valori fondanti nè il nostro stile distintivo. Tutt’altro. Ma ciò presuppone attenzione, visione e soprattutto umiltà. Notoriamente, monete rare.
    A tal riguardo, le puntuali iniziative di approfondimento e confronto del Prof. Geraci appaiono davvero utili e meritorie.
    Perchè in ultima analisi, la sfida della globalizzazione consiste nel rinnovarsi continuamente, rapidamente, mantenendo intatti i tratti identitari più profondi.
    Le recenti strette di mano, sempre benvenute, rappresentano l’avvio di un percorso nuovo, tutto da vivere. Tocca a noi, illustri europei, decidere se parteciparvi attivamente da co-protagonisti, ripensando dinamiche e relazioni, oppure accettare tristemente un ruolo subalterno, subendone le inevitabili conseguenze.

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