Nuove norme anti-dumping: quali effetti nei rapporti Cina-UE?

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Il Parlamento Europeo ha approvato le nuove norme anti-dumping per i prodotti importati da paesi extra-EU, in pratica, uno schiaffo alla Cina.

Queste nuove norme anti-dumping, che servono per stabilire se imporre dazi o no, terranno in considerazione non soltanto i costi della produzione, così come è sempre stato, ma un più generico concetto di “distorsione di mercato”. Non è più presente la distinzione nel trattamento di paesi terzi tra economie di mercato e non. Cosa significa tutto ciò nei rapporti tra Cina ed Europa?
Fino ad oggi, i dazi venivano imposti prevalentemente in presenza di dumping, cioè quando il prezzo di vendita dei prodotti era al di sotto dei costi di produzione.

Nello stabilire i costi di produzione di riferimento da usare, esistono due metodologie:

  1. per i paesi ritenuti economie di mercato, il riferimento sono i prezzi nel paese esportatore;
  2. per le economie non ritenute economie di mercato, il riferimento è il prezzo nei mercati internazionali.  (Per approfondire, i dettagli tecnici dal sito WTO).

Nel caso della Cina, questa distinzione è importantissima. La Cina non è riconosciuta come economia di mercato dall’Unione Europea, quindi, l’Europa può usare, come riferimento per il calcolo dei dazi, i prezzi prevalenti nei mercati internazionali, che sono in genere più alti di quelli del mercato interno cinese. In conclusione, finché la Cina rimarrà una non-economia di mercato, l’Unione Europea avrà mano più libera nell’imporre dazi sui prodotti importati dalla Cina.

La Cina però non ci sta, e chiede all’Unione di essere considerata un’economia di mercato, per far sì che l’Europa non possa più usare la leva dei “prezzi internazionali”, costringendola ad abbassare i dazi.

Esempio. In Cina un kg di riso costa 100 lire, ma nei mercati internazionali 150 lire: supponiamo che la Cina venda il riso in Europa al prezzo di 90 lire. Se la Cina fosse economia di mercato, l’Unione Europea potrebbe imporre un dazio di 10 lire, ma se la Cina non fosse un’economia di mercato, l’Europa potrebbe imporre dazi di 60 lire (ho semplificato per chiarezza).

Con la nuova regola approvata dal Parlamento Europeo, si esce da questo impasse sul “se la Cina sia o meno economia di mercato”, e l’Unione Europea si prende il diritto di imporre i dazi che vuole se ritiene che ci siano “distorsioni di mercato”. Questa rappresenta una definizione molto più generica e soggettiva di quanto non lo siano i prezzi di mercato (domestico o internazionale che siano), il che da mano più libera all’Europa di imporre dazi:

  1. senza disquisire più se la Cina sia o no un’economia di mercato;
  2. potendo usare concetti vaghi e soggettivi difficilmente impugnabili dalla Cina.

In conclusione, quindi, con le nuove norme anti-dumping, l’Europa continuerà a trattare la Cina come una non-economia di mercato, senza che i cinesi si offendano. Ma lo hanno già capito e stanno già partendo le contro misure.

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