Lotta tra governo cinese e Tesla: una saga infinita

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Da Radiocor/IlSole24Ore, by Michele Geraci

La saga tra il governo cinese e Tesla è indicativa dei rapporti di forza tra uno stato che ha fondato il proprio successo economico sul controllo di non solo dazi ed investimenti stranieri, ma anche della struttura industriale domestica e di un’azienda innovativa nel settore dei veicoli elettrici che tenta di penetrare il mercato cinese. Dal risultato della sfida si capirà quanto ancora la Cina ha bisogno di tecnologie occidentali e quanto invece si riterrà indipendente. Sui veicoli elettrici il governo cinese fa sul serio, ed alle parole seguono sempre i fatti, con un grande piano industriale che prevede che nel 2025 la Cina produrrà 7 milioni di veicoli elettrici all’anno, contro le poco meno 800 mila nel 2017, primo paese al mondo già da tre anni per la vendita di veicoli elettrici. Da ciò segue che nel 2025 in Cina circoleranno circa 35 milioni di veicoli elettrici. Per raggiungere tali obbiettivi, la Cina ha un apparato di incentivi sia per i produttori che per i consumatori.

Gli incentivi per i produttori includono crediti – un po’ simili all’attuale sistema di crediti per le emissioni di carbonio – per la produzione di auto a maggiore efficienza energetica e crediti per il volume e le tipologie di veicoli prodotti, e disincentivi per chi invece, invece, continuerà a produrre più di 30 mila auto a combustione.

Interessante e specifico alla Cina, chi acquista un’auto elettrica, per esempio a Shanghai, ha diritto alla preziosissima targa di Shanghai, che gli consentirà di guidare liberamente e superare le restrizioni che altrimenti limitano la circolazione per chi viene da fuori. In Cina il sistema funziona come se chi avesse la targa Roma all’uscita dell’A1 per Milano dovesse posteggiare la propria auto. Alcune città di seconda fascia rilasciano addirittura il permesso di soggiorno, Hukou a chi acquista un’auto elettrica, permesso di soggiorno anch’esso regolamentato in Cina che dà diritto a vari benefici quali: assistenza sanitaria, accesso a scuole per i figli ed altro.

Al momento tutti i produttori di autoveicoli stranieri possono produrre nel territorio Cinese soltanto attraverso Joint Venture, 50-50 con un partner locale. Mentre le auto importate sono soggette a dazi di circa il 25%. Quindi un operatore straniero ha due scelte: a) produrre all’estero con il 100% delle quote azionarie, ma essere soggetto a dazi, oppure b) produrre in Cina, evitare i dazi, ma dividere profitti, gestione e, attenzione, know-how, con un partner locale. Tesla aveva sperato che il governo cinese le facesse delle concessioni speciali per produrre in Cina senza la necessità del partner e si era creata l’illusione che metter su un centro di produzione nella Shanghai Free Trade Zone (SFTZ), con azionariato 100% Tesla avrebbe aggirato il problema, cosa che si è invece rivelata una chimera, perché, una volta venduti sul territorio cinese, gli autoveicoli sarebbero stati lo stesso soggetti a dazi.

Tesla si trova quindi nella difficile situazione di scegliere se produrre in Cina, ma rischiare di vedere il proprio know-how passare pian piano nelle mani del partner che, quando non ne avrà più bisogno, scioglierà la JV senza pensarci troppo su (vedasi il caso Danone-Wahaha). Il ministro dell’Industria e Tecnologia cinese ha annunciato che le restrizioni per le JV straniere verranno rilassate, ma in modo graduale. Aggiungo io, con la lentezza necessaria affinché il partner locale riesca ad apprendere. In alternativa, Tesla dovrà continuare a produrre all’estero ed essere soggetta ai dazi che la rendono poco competitiva nei confronti dei produttori domestici.

A rendere le cose ancora più complicate, pare che solo batterie prodotte in Cina possano essere installate su veicoli elettrici circolanti in Cina, quindi Tesla dovrebbe rinunciare alle proprie batteria (Panasonic) ed usare quelle prodotte da CATL che, in Cina, ha il monopolio per la produzione di batterie al litio. La terza via per Elon Musk sarebbe quella di rinunciare completamente alla Cina. È chiaro che tutte queste regole possono essere cambiate in un giorno se il governo cinese lo decidesse. Ma non lo farà, ed anche se lo facesse potrebbe essere una trappola per Tesla, dal momento che anche una teorica ed improbabile Joint Venture 70-30 consentirebbe al partner di minoranza accesso a tutto il know-how.

La Cina ha deciso – così come scritto a caratteri cubitali nel proprio piano China Manufacturing 2025 – che la green economy è tra le priorità, la diffusione di veicoli elettrici tra le priorità delle priorità, e la costituzione di campioni nazionali nel settore delle energie rinnovabili, nella produzione di veicoli elettrici il culmine della rivincita del sistema industriale del paese. Dopo aver creato ricchezza per 40 anni ma inquinando la nazione, adesso si passa alla seconda fase: fare pulizia e divenire il paese più green sulla terra.

Musk forse farebbe meglio a tenersi i suoi segreti industriali per sé e, ahimè, rinunciare a questo grande mercato, per salvare il resto del mercato mondiale, finché può, perché tra un decennio le auto elettriche cinesi, più efficienti di Tesla e di chiunque altro, invaderanno anche il resto del mondo.

Questo commento e’ stato già’ pubblicato da Radiocor/IlSole24Ore.

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