Dazi USA-UE

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I tempi sull’imposizione dei dazi su acciaio ed alluminio importati in America dagli Stati Europei si allungano. L’Europa prende tempo per cercare degli accordi che non mettano a repentaglio le esportazioni, soprattutto tedesche, verso gli Stati Uniti. Trump ha già preso accordi con Corea del Sud, Argentina, Australia e Brasile, ora tocca all’Unione Europea. Nella mia intervista per TGCOM24 un’analisi della situazione attuale per USA, UE e Cina.

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Questo posticipo che la casa bianca dà sui dazi imposti a marzo 2018 su acciaio e alluminio (rispettivamente al 25 e 10%), offre chiaramente maggior tempo per trattare, soprattutto con gli alleati europei, che sono nettamente contrari ai dazi.

Giustamente, noi parliamo di alleati europei, ma dobbiamo ricordare che i dazi colpiscono in particolare la Germania, che esporta acciaio verso gli Stati Uniti per un valore di 3-4 volte superiore rispetto all’Italia. Giustamente, per una volta, La Germania fa la voce grossa e cerca di trovare un appoggio da parte degli altri paesi europei. Gli Stati Uniti non hanno un grande interesse a mettere dei dazi contro l’Europa, ma siccome le regole del mercato internazionale non consentono trattamenti privilegiati tra l’Europa e la Cina e, dal momento che Trump vuole, o comunque ha intenzione, di mettere i dazi nei confronti delle importazioni che provengono dalla Cina, non può non metterli anche per quelle che vengono dall’Europa, nel nostro caso dalla Germania. Questa estensione è un metodo per cercare di arrivare ad una negoziazione tra gli stati europei e l’America. Attenzione però, quando parliamo di stati europei, ci riferiamo principalmente alla Germania, perché se non fosse stata quest’ultima ad esportare 3 miliardi di valore di acciaio verso gli Stati Uniti, forse in Europa ce ne saremmo un po’ dimenticati.

 

L’Unione Europea chiede quindi un’esenzione totale?

Certo, perché noi abbiamo un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, siamo alleati politici ed economici. Ricordiamoci anche che a favore degli Stati Uniti c’è la discrepanza tra i dazi Europei e Americani. Gli Stati Uniti impongono in media dazi del 3% e l’Unione Europea del 5%. Quindi, da un punto di vista anche tecnico, Trump ha un pochettino ragione, perché dice: voi in Europa, per vari motivi avete politiche di protezione sull’agricoltura e su altri settori industriali, avete dei dazi superiori a quelli che noi in America abbiamo, tuttavia se siamo partner dobbiamo stare a un livello paritario. Anche per quanto riguarda i numeri, Trump cerca di colmare questo gap tra il 3% e il 5%. Trump sa benissimo che i dazi non servono a ridurre quel deficit dei 150 miliardi di cui abbiamo parlato, ma servono a proteggere almeno temporaneamente, per un periodo limitato, alcune categorie di lavoratori, specialmente nel mid-west, che sono particolarmente sensibili a questo fenomeno. La mia visione è che questa guerra dei dazi, alla fine, non sarà gravissima, perché la razionalità prevarrà. Attenzione anche all’altra faccia della medaglia, c’è forse troppa enfasi a chi sostiene che il mercato globale e che il commercio abbiano portato grandissimi benefici. Bisogna dire che alcuni benefici sono stati portati, ma accompagnati da degli svantaggi verso certe categorie di lavoratori e verso certi paesi. Non è tutto chiaro, bisogna sempre fare una media, ma all’interno delle medie ci sono vincitori e perdenti. Trump adesso sta cercando di proteggere un po’ quelli che, in America, sono rimasti indietro, svantaggiati, anche a costo di far pagare il prezzo all’economia americana nel suo insieme.

 

Professor Geraci, vediamo che lei si trova in diretta da Shanghai. Rispetto alla Cina, invece, qual è il trattamento riguardo a questa tematica?

Ovviamente la Cina presenta dazi di un valore addirittura triplo, rispetto a quelli degli Stati Uniti. Il dazio medio per merci che arrivano in Cina è di circa il 9-10%, contro appunto il 3% delle merci che entrano negli Stati Uniti. Anche la Cina non esporta tutta questa grande quantità di acciaio negli Stati Uniti. Abbiamo visto, nelle ultime settimane, che la Cina ha imposto dazi per un valore di 60 miliardi di merci, su un totale di circa 150 miliardi, quindi non si tratta di cifre enormi. Attenzione, va ricordato che, al contrario di quanto alcuni economisti credono, l’economia cinese dipende solo per il 40% dalle esportazioni. L’Italia, semmai, ha un’economia che dipende molto di più dalle esportazioni. In Cina l’incidenza del commercio tra le importazioni ed esportazioni è di circa il 40% del pil, in Italia è del 60%. La Cina è uno dei paesi dove l’incidenza del commercio internazionale ha una percentuale molto bassa rispetto a tanti altri paesi, di molto inferiore rispetto ad altri paesi del BRIC, del Brasile, dell’India, della Russia, che sono quelli che dipendono dalle esportazioni. Quindi, in Cina c’è un po’ di fanfara mediatica, perché è chiaro che l’apparenza conta. Se Trump impone dei dazi, anche Xi Jinping deve dire la sua, ma nella sostanza non c’è nessuna preoccupazione reale.

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