La meccanizzazione della agricoltura nello Xinjiang e l’impatto sui lavoratori

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Oggi siamo in una fabbrica di macchinari di raccolta del cotone. In questo stabilimento ci sono trenta di queste macchine che costano circa tre milioni di renminbi, circa mezzo milione di euro, l’una. Ognuna di queste macchine in un’ora riesce a raccogliere cotone per venticinque mu, circa due ettari. 

NOTA BENE

Questo testo è una trascrizione del video disponibile sul mio Canale YouTube

Ovviamente l’utilizzo di queste macchine ha portato via il lavoro a chi prima si occupava della raccolta manualmente. Tuttavia il governo cinese ha già in programma dei corsi di training sull’utilizzo di queste macchine, rivolti proprio a chi ha perso il lavoro a causa di questa innovazione.

Sappiamo bene che la meccanizzazione della agricoltura comporta queste situazioni, l’importante è reintegrare i lavoratori prima che questi diventino disoccupati per troppo tempo. E qui sembra proprio che il governo spinga per modernizzare l’agricoltura perché cosi facendo aumenta l’efficienza, ma senza avere impatto negativo sull’occupazione. Tra corsi di training, terreni vasti e un alto potenziale di crescita, tutto fa pensare che i contadini che hanno perso il lavoro per colpa di questa macchine saranno presto reintegrati.

Del resto, non so se ricordate il documentario che ho fatto già qui, i contadini non lavorano qui ogni giorno per tutto l’anno. Quelli che lavorano in questi campi di cotone, lavorano qui circa sessanta giorni all’anno e il resto dell’anon fanno altri lavori. Quindi il riposizionamento su altri settori industriali non è difficilissimo perché questi lavoratori in realtà durante l’anno magari fanno i camerieri o aprono un negozio, insomma contadini ma non al 100%. Si tratta solo di riutilizzare le loro skill in un novo settore.

Oppure, come abbiamo visto nelle cooperative, il contadino abbandona completamente la terra e la da in leasing a una cooperativa e si prende circa mille renminbi all’anno e si dedica al 100% ad altro. Rinuncia al suo raccolto, non lavora per quei sessanta giorni  all’anno, prende mille renminbi e si dedica ad altro. Insomma con questo sistema circolare l’impatto sulla disoccupazione viene in parte attenuato.

Come successo ovunque nel mondo quando è arrivata l’industrializzazione, i contadini hanno iniziato a fare altri lavori. Fa parte del passaggio da industria primaria a secondaria o anche al terziario.

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