Export complessivo mondo: l’Italia chiude in positivo il 2018 (+3,3%, 6,149 mld di euro), ma comanda la Francia

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(ASIA ORIENTALE: Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud, Vetnam, Singapore, Thailandia, Taiwan, Malesia, Indonesia, Filippine, Maldive, Cambogia, Mongolia, Laos, Macau, Timor Est, Corea del Nord, Brunei, Birmania. )


• Export complessivo mondo: l’Italia chiude in positivo il 2018 (+3,3%, 6,149 mld di euro), ma comanda la Francia (9,334 mld di euro).
• L’Asia Orientale è l’area geopolitica dove l’import di vino è cresciuto di più a valore nell’ultimo decennio: +227% (6,45 mld di euro nel 2018)
• L’Ue rimane il mercato più importante (13,3 mld di euro) ma in 10 anni cresce solo del 20%. Poi l’area del Nord America, a +65% e 6,95 mld di euro, tallonata dall’Asia
• Tra i 10 top buyer, Cina e Hong Kong hanno registrato la crescita in valore più accentuata (import da mondo) negli ultimi 5 anni, con un tasso annuo di crescita a +14,9% e +11%
• La variazione più bassa del quinquennio è invece quella dei 2 top buyer europei, Uk e Germania, rispettivamente a -2,3% e +1,2%
• Asia Orientale: Francia leader con quota di mercato al 50% e oltre 3,2 mld di euro. Poi Australia (15,9%), Cile (8,9%) e Italia (6,5%; 5,9% in Cina)
• Asia orientale: le esportazioni di Bordeaux e Borgogna valgono oltre 1 mld di euro, più del quadruplo rispetto a tutti i rossi italiani
• Asia Orientale: Italia al rallenty, cresciuta meno del mercato in tutti i principali Paesi
• Asia Orientale: stime a 5 anni premiano Belpaese, in primis in Cina e Corea del Sud

Far East un amore da 6,45 miliardi di euro
Roma, 28 marzo 2019 – La domanda globale di vino dell’Asia Orientale* vale 6,45 miliardi di euro di import ed è prossima all’aggancio del Nord America (Canada e Usa), a 6,95 miliardi di euro. Nella corsa al vino, l’Asia Orientale sta facendo gara a sé con un balzo a valore negli ultimi dieci anni del 227% (12,6% il tasso annuo di crescita): 11 volte in più rispetto ai mercati Ue e quasi il quadruplo sull’area geoeconomica Nordamericana. È il quadro di sintesi fatto oggi a Roma nel corso della presentazione del 53° Vinitaly dallo studio “Asia: la lunga marcia del vino italiano”, a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor. Secondo lo studio, il vino parla sempre più asiatico, con cui dialogano in particolare i francesi e – oggi più che mai – il ‘nuovo’ mondo produttivo, Australia e Cile che in alcuni paesi beneficiano di una politica dei dazi favorevole.

E l’Italia? Dallo studio emerge come a fronte di una tenuta in terreno positivo del sistema vino made in Italy a livello mondiale (+3,3% nel 2018 sull’anno precedente), la presenza in Asia Orientale sia ancora marginale
rispetto alle potenzialità italiane. Dei 6,45 miliardi di euro di importazioni registrate lo scorso anno in Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud (ma anche Vietnam, Taiwan, Tailandia, Filippine, Singapore e altre), la Francia – pur in calo – incassa infatti a valore il 50,2% della torta asiatica, per un equivalente di 3,24 miliardi di euro. La quota di mercato italiana si ferma invece al 6,5% (419 milioni di euro), meno anche di Australia (15,9%, a 1 miliardo di euro) e Cile (8,9%).

Veronafiere, al lavoro per una piattaforma di proprietà
Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: “La lunga marcia italiana verso l’Asia si è rivelata in questi anni ancora più faticosa per la mancanza di una vera regia di sistema Paese. Dal punto di vista commerciale, la Cina e tutto il Far East offrono grandi opportunità per il made in Italy anche per la complementarietà delle produzioni. Per quanto ci riguarda, stiamo ponendo le basi per una presenza costante in Cina di Vinitaly e degli altri nostri settori di punta, come l’agritech, il design, il marmo, attraverso una piattaforma fieristica proprietaria dedicata.

“La fatica nei bilanci dei nostri vini fermi deriva in buona parte dal mancato salto di qualità laddove la domanda è cresciuta di più – ha aggiunto il Ceo di Veronafiere, Giovanni Mantovani –, ma in questa analisi
noi guardiamo al bicchiere mezzo pieno. Abbiamo i numeri, la qualità e il fascino per penetrare un mercato gigantesco, ma non servono proclami e solitarie fughe in avanti. Bisogna capire – prosegue Mantovani – che
oggi per contrastare vecchi e nuovi competitor non serve più marciare in ordine sparso, bisogna correre in un’unica direzione e con un brand in grado di aprire la strada. Al prossimo Vinitaly,in termini di presenze
espositive e metri quadrati netti il più grande di sempre, sono in media ad ogni edizione più di 5.500 gli operatori provenienti dal Far East. E nel corso dell’anno in Cina, tra i road show in calendario, l’Academy di Vinitaly International e le partnership fieristiche in corso e quello di nuovo ed importante stiamo realizzando saremo in grado di dare alle aziende e alle istituzioni un ulteriore supporto promozionale su quest’area strategica per il futuro dei nostri prodotti, non solo del vino”.

In Italia a passo di marcia, competitor di corsa. Ma il futuro è tricolore
L’Italia, secondo l’analisi condotta dal responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini, è certamente cresciuta nelle vendite, ma meno dei suoi concorrenti: in Cina in 5 anni l’incremento italiano ha sfiorato l’80%
mentre le importazioni da mondo hanno segnato un +106%. Così a Hong Kong (+28% vs +67%) e in Corea del Sud (+36% vs +60%) e soprattutto in Giappone – il mercato più tricolore in Asia – dove il Belpaese non ha
fatto meglio di un +3,4%, contro una domanda del Sol Levante cresciuta di quasi il 30%. Per dirla in bottiglie, nel 2018 l’Asia Orientale ha importato quasi 93 milioni di bottiglie di Bordeaux (e 6 milioni di Borgogna), mentre il complessivo dei rossi Dop provenienti da Toscana, Piemonte e Veneto supera di poco i 13 milioni di bottiglie. Tradotto in valore, il rapporto è 11 a 1: 864 milioni di euro del solo Bordeaux contro 77 milioni dei rossi Dop delle 3 regioni italiane. Il futuro si annuncia comunque interessante per il Belpaese, con un tasso annuo di crescita stimato dal nostro Osservatorio nei prossimi 5 anni che si prevede essere superiore ai consumi dell’area: fino all’8% in Cina, dall’1% al 2,5% in Giappone, complice l’accordo di partenariato economico, dal 5,5% al 7,5% in Corea del Sud e dal 3% al 4,5% a Hong Kong.

Vinitaly no limits
La 53ª edizione del Salone Internazionale dei Vini e dei Distillati (7-10 aprile, Veronafiere) è sold out dallo scorso novembre nonostante l’aumento della superficie netta disponibile. Tra le novità, il nuovo salone Vinitaly Design e l’Organic Hall. Un’altra edizione in crescita per Vinitaly (www.vinitaly.com), che dopo un anno e 40 eventi promozionali e di formazione in Italia e all’estero, si prepara ad aprire con numeri in
aumento. L’area netta disponibile raggiunge i 100mila metri quadrati netti, mentre sono oltre 130 i nuovi espositori diretti, a cui si aggiungono gli indiretti e i rappresentati, che portano il numero totale di aziende a
quota 4.600 da 35 nazioni e ad oltre 17mila le etichette a catalogo (dati in aggiornamento). Confermata la formula di Vinitaly – business in fiera, wine lover in città – con Vinitaly and the City (5-8 aprile www.vinitalyandthecity.com), che sta garantendo da un lato un maggiore flusso di operatori professionali in fiera e una diminuzione voluta e controllata del visitatore appassionato a cui sono dedicate le iniziative in
città.

Fonti: elaborazioni dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su base doganale. Asia Orientale (anche Far East): Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud, Vietnam, Singapore, Tailandia, Taiwan, Malesia, Indonesia, Filippine, Maldive, Cambogia, Mongolia, Laos, Macao, Timor Est, Corea del Nord, Brunei, Birmania

Servizio Stampa Veronafiere
Tel: 045.8298.223 – 210 | E-mail: [email protected] | Web: www.vinitaly.com | www.solagrifood.com | www.enolitech.it
Twitter: @pressVRfiere – @VinitalyTasting | Facebook: @veronafiere – @vinitalyofficial

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