Alcune mie considerazioni in merito alle discussioni che sono molto di attualità in questi giorni.
Protezionismo o liberismo?
Ieri ho partecipato alla trasmissione AgiChina di Radio Radicale (per ascoltarlo clicca qui) che trattava proprio di questo argomento.
Due mie brevi considerazioni in merito.
Mettere dei dazi, magari temporanei, in settori specifici non significa essere protezionisti, né tanto meno significherebbe distruggere le esportazioni italiane (quasi 500 miliardi). Coloro che temono che le esportazioni italiane verso l’estero possano soffrire solo perché l’Italia (o l’Europa, visto che l’Italia ha ceduto questa sovranità), mette dei paletti, forse non comprendono bene le dinamiche del commercio internazionale.
Esempio: la Cina impone dazi e le sue esportazioni non ne soffrono. In Italia, mi sembra che anche Calenda (PD) si sia battuto contro la concessione alla Cina dello stato di economia di mercato, proprio affinché l’Europa potesse imporre dei dazi con maggiore libertà. Una posizione forse simile a quella di Salvini (Lega) che, per proteggere i nostri lavoratori prende delle posizioni a salvaguardia del nostro tessuto industriale. Trump sa bene che anche gli Stati Uniti possono permettersi 30% di dazi, senza che per questo la gente beva meno coca cola.
Attenzione a non esagerare con la retorica ed il terrorismo psicologico: si può proteggere la nostra industria senza per questo essere protezionisti all’estremo. Nessuno vuole azzerare le esportazioni italiane, si vuole soltanto fermarsi e capire, prima che sia tardi, come gestire questo Tsunami che arriva dall’Asia.