In questa mia breve intervista per Radio InBlu, raissumo alcuni degli argomenti più attuali sia per il nostro paese che a livello Internazionale. Trump e Cina, i dazi, l’Unione Europea e le elezioni politiche italiane ed il neo-governo. Ecco la mia prospettiva.
Negli ultimi mesi c’è stata un’escalation tra USA e Cina, che ha raggiunto il picco il mese scorso, per poi tornare a tacere nelle ultime settimane, la Cina ha abbassato i dazi così come anche gli Stati Uniti. Spesso è una parabola, si parte da zero, si fa un’escalation spesso mediatica e poi nei fatti tutto torna alla normalità. Questo perché l’interesse di Trump non è tanto quello di ridurre il deficit commerciale nei confronti della Cina, che ha raggiunto il record 370mld dollari, ma di proteggere la fascia più debole e povera della popolazione americana. Il dilemma che si discute è quello del liberalismo economico del mercato globale, che può portare dei benefici in media, ma all’interno della media ci sono dei perdenti e Trump si sta preoccupando di difendere questi.
Trump ha anche detto, alla vigilia dell’introduzione dei dazi, che questa è una prima tranche di politiche. Ora dobbiamo capire come reagisce l’UE, perché potrebbe esserci un’ulteriore giro di vite. Quale potrebbe essere la strategia migliore per l’Unione in questo momento?
Io sono un po’ negativo, perché l’UE si troverà a fronteggiare una sfida quasi impossibile. Se crede nel libero mercato non dovrebbe imporre dazi. A meno che non sia una mossa negoziale. La cosa più grave è che è impossibile avere una politica commerciale europea d’interesse comune a tutti i 28 paesi, perché questi esportano in quantità e a prezzi differenti i propri beni in parti diverse del mondo. Quindi, come succede anche per altre politiche europee, così anche per i dazi unici nei confronti di paesi terzi è chiaro che si può rischiare di fare scontento qualcuno. Sappiamo poi che chi fa la voce più forte riesce a tirare l’acqua al proprio mulino. Ad esempio, per quanto riguarda l’acciaio, la Germania viene colpita più di altri paesi dai dazi americani, perché ne esporta in maggior quantità. Credo quindi che anche per questo motivo, la presenza mediatica di questa notizia ha avuto più rilevanza. La Cina ha dazi comuni su tutti i prodotti che vengono esportati dall’Unione Europea verso la Cina, solo che l’Italia, per il fatto che esporta una tipologia di merci diverse rispetto agli altri paesi, subisce un graduale aumento dei dazi su questi beni. Siccome l’Italia esporta merci che hanno dazi nominali alti rispetto ad altri prodotti, la media ponderata fa si che dal 2006 ad oggi l’Italia abbia subito dei dazi effettivi crescenti nel tempo, dal 6% all’8%. Nonostante la Cina abbia abbassato i dazi nominali, tuttavia questo è avvenuto su prodotti che altri paesi europei esportano verso la Cina.
Il neo ministro dell’economia, Giovanni Tria, viene considerato un amico della Cina, questo ci fa bene?
Si, questa è una buona notizia e mi fa piacere che in questi ultimi anni l’attenzione del nostro paese, nei confronti della Cina, sia aumentata. Tria è venuto spesso in Cina e ciò fa supporre interesse, il che è positivo. Anche il prof Moavero Milanesi (attuale Ministro degli Affari Esteri) è stato a Shanghai, proprio ad una conferenza organizzata da me in collaborazione con la Luiss. Diciamo quindi che è una buona cosa, anche perché ho sempre sostenuto che siamo un po’ provinciali e che ci preoccupiamo di dividere i collegi elettorali per ottenere 0,1% e poi queste scelte risultano vane, se non si tiene conto della politica commerciale, soprattutto della Cina, che credo sia la variabile più importante in questa neo-legislatura. Mi fa anche piacere che la politica estera vada a braccetto con la politica interna perché non possiamo concludere nulla se c’è una senza l’altra. Dovremmo prendere spunto dalla Cina, e cercare di imitarla per ciò che sta facendo bene. Finalmente oggi partiamo bene, con qualche attenzione maggiore a questo importante paese. Spero che quest’attenzione si trasformi anche in una maggior presenza a Bruxelles e a Berlino. Perché, credo non si sia ancora capito: qual è la politica estera italiana nei confronti della Germania? Non c’è? Non credo. Dobbiamo farci sentire a tutti i livelli, anche a Bruxelles, dove anche per la questione dei dazi dobbiamo essere un po’ più presenti.
I dazi ci impongono un piano di lavoro importante per il governo e come ha detto lei non è solo questione di dicastero dell’economia, perché è ovvio che poi certi piani s’intreccino essendo la politica portante del paese e fanno quindi incrociare più dicasteri e più fronti. Professore, ma in questi giorni in Cina si guardava con interesse a cosa succedeva in Italia? So che lei viene spesso coinvolto dai colleghi cinesi per avere un commento sull’Italia, un commento su quello che succede… Guardando all’Italia, alla recente crisi di governo e a questo neo-governo che dopo 88 giorni ancora faceva fatica a prendere il via…erano tranquilli? o temevano che il partner Italia prendesse una strada sbagliata?
No, ovviamente io sono stato coinvolto perché fa notizia e sono uno dei pochi italiani, per cui spesso, come anche fra poco, vengo invitato sulla tv di stato a parlare anche di questioni che riguardano l’Italia.
Bisogna però dire due cose:
- purtroppo, l’Italia non è al centro del mondo e tanto meno al centro dell’attenzione della Cina che ha ben altri problemi (Nord Corea, Vietnam, Myanmar, la Russia, la via della seta, la rotta polare),
- l’Italia è vista come un paese importante ma attenzione, tutta l’Europa è vista come importante da parte della Cina. L’UE ha una popolazione che conta il 5% di quella mondiale. Piuttosto direi che l’unica preoccupazione un po’ più seria per la Cina sia il potenziale sgretolarsi dell’Unione. Questo alla Cina farebbe male, perché non le conviene a livello commerciale, è più vantaggioso avere un partner unico per tutti i 28 paesi europei con un solo accordo bilaterale.
La brexit ha fatto un po’ male alla Cina, ad esempio, perché aveva nell’Inghilterra un partner privilegiato che gli permetteva di entrare all’interno degli altri 27 paesi, sfruttandolo come “cavallo di Troia,” quindi usando la catena debole. Adesso è l’Ungheria il paese dove la Cina investe di più in gree-nfield, rispetto ad altri paesi europei, ed è per questo che l’Ungheria viene vista come l’anello debole, perché quando la Cina mette sul piatto d’argento investimenti green-field, che significano nuovi posti di lavoro, non come fa in Italia dove ha fatto principalemente acquisizioni, c’è un indotto immediato di nuovo capitale ed è naturale che il governo ungherese sia molto più stimolato ad attrarre gli investimenti cinesi. La Merkel dopo la batosta sulla CUCA si è ricordata che forse dobbiamo stare più attenti e non svenderci. Per cui la Cina, in un certo senso, strumentalizza un po’ questa Unione Europea, a suo vantaggio per andare a cercare l’anello debole e poter fare investimenti, aprire una fabbrica e, in questo modo, bypassare il problema dazi (se apre un’azienda in Ungheria i suoi prodotti diventano Made in EU).
Queste regole europee, che si basano su un mercato unico, sono difficili da gestire in questo momento di forte globalizzazione. Molto diverso, invece, il modello ASEAN dove si trattano senza dazi solo le merci prodotte all’interno dei 10 paesi membri, mentre le merci che vengono da fuori non hanno un canale preferenziale in tutti i paesi membri.