L’importanza del settore Energia per la Russia

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Voglio sottoporvi un’analisi approfondita per aiutarvi a comprendere il reale possibile impatto delle sanzioni sulla vendita di carbone, gas e petrolio sulla struttura economica della Russia.

Struttura economica:

1) Investimenti= 23% – valore elevato che può mitigare l’impatto, un po’ come fa la Cina

2) Export = 30%

Soffermandoci sul valore dell’export, ovvero il 30% del Pil russo dal valore di $493miliardi, il 60% ($281 miliardi), sono legati al settore dell’energia. Quindi l’export di prodotti facenti parte del marcato dell’energia è pari al 17% del Pil totale della Russia.

Tre categorie: carbone, gas e petrolio

Come detto quindi, il 17% del Pil è legato all’export di energia ed è cosi suddiviso nelle tre categorie:

1) carbone: conta poco, 7% dei $281mld, o $20mld

2) gas: un po’ di più, 20% o $55mld

3) petrolio: la parte maggiore, 73% del totale export energia, o $207mld

Ma chi sono i clienti? I $20mld di carbone rappresentano il 7% del export energia, o il 4% del totale export, o 1.2% del totale Pil della Russia. Di questi, il 21% viene comprato da noi come Unione Europea, quindi $4mld, pari allo 0.2% del Pil. Si può quindi dedurre che l’effetto sull’economia delle Russia è pressoché nullo.

I $50mld di gas sono invece il 20% dell’export di energia, 11% del totale export o 3.3% del totale Pil della Russia. Di queste percentuali, il 67% viene comprato da noi in Unione Europea, quindi $37mld, pari allo 2.2% del Pil. Perciò, anche in questo caso, effetto sull’economia delle Russia: quasi nullo!

Infine, i $207mld di petrolio compongono il 73% dell’export di energia, 41% del totale export o 12% del totale Pil della Russia. Di questi, il 47% viene comprato dall’Unione Europea, quindi $98mld, pari allo 5.8% del Pil. A conti fatti quindi, effetto sull’economia delle Russia: medio basso

Quindi in totale: carbone 4mld (0.2% del Pil), gas 40mld (2.2% del Pil), petrolio 98mld, 5.8% del Pil. Totale: 7.2%.

Alcune considerazioni da tenere a mente

Questi sono valori export lordi, non del valore aggiunto. Quindi, per essere corretti, i numeri discussi sono si percentuali del PIL, ma un eventuale calo di X% di export non impatta in egual misura il Pil (un po’ meno di 1:1, perché il valore aggiunto domestico è comunque il grosso). Il 7.2% di impatto complessivo suppone che quello che vendono a noi non trovi altri acquirenti e quindi resti “invenduto”. Questo è in parte plausibile per il gas non essendoci domanda immediata neppure dalla Cina, ma visto la possibile corsa a LNG da parte nostra…
 

Per il petrolio la sostituzione dei clienti EU con altri è invece possibile. Il mercato del petrolio non è legato ai gasdotto ed è molto più globale: proprio come noi stessi possiamo con relativa facilità liberarci delle forniture della Russia, cosi loro possono trovare nuovi clienti.

In buona sostanza: il carbone non conta, il gas conta molto poco e non hanno grosse alternative di clienti (né noi di fornitori): fa malino a loro (2.2% PIL) e molto male e noi. Il petrolio invece conta parecchio, ma possono venderlo ad altri.
 
In pratica, le “Sanzioni finanziano la guerra”.
 

ANALISI E FONTI

Geraci’s Economic Research Team (Shuyi Fang)
Comtrade, Trade Data Monitor, WTO

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